La chiesa ed il convento dei Cappuccini.
La chiesa detta dei Cappuccini o di Sant’Antonio (parrocchia di Santa Maria Maddalena, costituita l’8 dicembre 1967) è piccola di dimensioni ma può essere considerata un vero e proprio gioiello. Per chi entra, il primo altare a sinistra è dedicato a:
- Sant’Antonio da Padova con Gesù bambino in braccio, mentre con la sinistra dà un pane ad un giovane questuante con una gruccia (gruppo in gesso anni ’20 del XX sec.); seguono poi quelli di:
- San Francesco d’Assisi, con altra bella statua settecentesca (Intanno-Occhipinti) in legno;
- l’altare maggiore (tutto in legno, restaurato nel 1942), che reca:
a. un grande dipinto dell’Immacolata con il Padre Eterno e la Colomba dello Spirito Santo in alto, mentre ai piedi della Vergine sono «San Francesco d`Assisi, San Giovanni, Santa Maria Maddalena…e poi due santi cappuccini san Fedele da Sigmaringen1 e San Giuseppe da Leonessa, i due santi spesso raffigurati insieme, sono stati canonizzati il 29 giugno 1746» (Bruno)2
b. un pregevole tabernacolo in legno riccamente decorato orna l’altare, ai cui lati stanno due quadri e due nicchie; sulla sinistra, in basso:
c. un quadro del Sacro Cuore e nella nicchia la statua lignea di San Ludovico re di Francia, patrono del Terz’ordine francescano;
d. sulla destra, in basso un quadro della Madonna di Pompei o del Rosario e nella nicchia la statua lignea di S. Elisabetta regina d’Ungheria, patrona del Terz’ordine francescano. I quadri, secondo Attilio Zarino e Gaetano Bruno, sono opera del valente pittore sacerdote modicano Orazio Spadaro e risalgono al 1943, mentre le due statue arrivate a Vittoria nel 1949 . Sulla destra si erge un piccolo fonte battesimale in marmo bianco3.
Segue quindi:
- La Cappella della Madonna di Loreto, con altare e reliquiario in legno della seconda metà del Settecento (opera di Carmelo D’Asta, insieme con la vara), con la leggendaria statua portata a Vittoria nel 1740 da fra’ Fedele; nella parete sinistra è sepolto il sac. Lucio Giudice Jacono (1826-1861)4;
- nicchia con statua lignea della Maddalena (opera di G. Stuflesser di Ortisei, del 1963);
- altare del Crocifisso con Crocifisso.
Nella sacrestia sono visibili alcuni medaglioni dipinti raffiguranti la Maddalena, San Giovanni Battista, San Francesco, San Felice di Cantalice5. Nella chiesa è custodito anche un ritratto di padre Gaetano La China6, mentre nel convento, profondamente trasformato dagli usi che nel tempo ne sono stati fatti7, resistono ancora tracce di magnifici pavimenti di maiolica. Nella cappella del convento si conserva un affresco dell’Immacolata (sebbene molto rovinato).
Sulla nascita del convento dei Cappuccini esiste un’abbondante letteratura8. L’edificazione del terzo convento infatti non è importante solo per la storia religiosa della città, ma soprattutto perché grazie ai Cappuccini nacque prima la fiera della Madonna di Loreto (poi tramutatasi in fiera di San Martino) ed in seguito furono realizzati due dei servizi collettivi più importanti per una comunità: l’ospedale ed una tra le più belle ville della Sicilia. Da quello che si può ricostruire, il desiderio di avere a Vittoria un convento di Cappuccini (il terzo dopo quello degli Osservanti e quello dei Minimi di San Francesco di Paola) risale a data anteriore al 28 luglio 1690, quando il governatore della Contea don Bernardo Rizzo autorizzò i Giurati di Vittoria ad assegnare la terra per l’edificazione della nuova struttura religiosa. A seguito di tale mandato, il 13 maggio 1691 i giurati ed il secreto dell’epoca9, assegnarono ai frati una salma di terra in contrada Croce, distaccandola dalle terre Comuni, al di fuori delle mura10, «ad gloriam Omnipotentis Dei eiusque Matris Marie semper Virginis S.ti Francisci et S.te Marie Magdalene».
Assieme alla terra, fu concessa al sindaco apostolico dei Cappuccini, Lorenzo Ragusa, la possibilità di raccogliere elemosine durante il tempo della costruzione dell’edificio. Purtroppo il terremoto del gennaio 1693 bloccò il prosieguo della pratica e ritardò la concessione del decreto da parte della Sacra Congregazione dei Cardinali, decreto che arrivò solo nel 1697, dopo che nel 1695 i Cappuccini erano tornati a sollecitarlo. L’autorizzazione prevedeva la costruzione del convento, della chiesa con il suo campanile, del refettorio, del dormitorio e dell’orto, con l’obbligo di mantenervi non meno di dodici frati. In base a quanto riferisce padre Samuele Nicosia11, i frati però avevano iniziato i lavori già nel 1694, con la posa della prima pietra alla presenza del padre provinciale Innocenzo da Scicli e di don Antonino Laurifici12 (??-1707), probabilmente in rappresentanza dell’Università di Vittoria o del Conte di Modica e sin dal 29 dicembre 1697 vi si erano stabiliti «con una solenne processione e con segni di grande affetto del popolo, essendo allora Guardiano il P. Francesco da Vittoria». Il convento risulta ultimato alla fine del 1704, come pure la chiesa, che però necessitava delle rifiniture, che furono completate nel 176613.
Sul rapido corso dei lavori, fiorì una leggenda di truvatura, riferita da Paternò e scritta nella giuliana dei Cappuccini. Secondo tale leggenda, un frate cappuccino di Ragusa, uscito per far legna, trovò nel cavo di un albero degli oggetti tondeggianti e luccicanti. Ignorando di cosa si trattasse ne portò alcuni al padre guardiano Giuseppe da Malta o da Messina14, che si fece condurre sul posto e con presumibile meraviglia mista a gioia scoprì il tesoro, che venne impiegato nella rapida costruzione del convento di Vittoria. Come che siano andate le cose, o per la truvatura o per l’abbondanza delle elemosine generosamente date dai Vittoriesi, già nel 1705 il convento, ultimato, fu in grado di ospitare un Capitolo Provinciale (ed un secondo nel 1707). Ma ultimata la costruzione, finì anche la facoltà di raccogliere l’elemosina: tutte le risorse infatti dovevano essere convogliate per la costruzione della nuova Chiesa Madre. A quel punto, essendo vietato ai Cappuccini di ricevere donazioni e lasciti in quanto ordine severamente dedito alla povertà, come mantenere i 14 frati che vivevano nel convento? Nel 1706 i frati si rivolsero ai Giurati, che deliberarono e chiesero al viceré di approvare l’assegnazione ai religiosi per l’acquisto della «giornale pitanza…[del]la terza parte d’un’onza di peso alla sottile sopra ogni rotilo di carne e pesce» venduto al pubblico. Ma tale “compartecipazione” sui prezzi di vendita fu causa d’infinite dispute, durate per tutto il secolo e finite nel 1814…Ma i Cappuccini sono noti soprattutto per la donazione di Cristoforo Garì, per la fiera della Madonna di Loreto (vedi oltre), l’ospedale e la Villa Comunale (vedi pagine precedenti)15.
NOTE
1] Nato nel 1568, ucciso da soldati calvinisti nel Cantone dei Grigioni nel 1622, beatificato nel 1729, canonizzato nel 1746.
2] San Giuseppe da Leonessa nacque nel 1556 e morì nel 1612; beatificato nel 1737, fu canonizzato nel 1746. Sul quadro dell’Immacolata, così mi scrive Gaetano Bruno, un giovane e promettente artista vittoriese, che è un buon conoscitore delle vicende della chiesa: «Si tratta di una tela del ‘700 in passato molto rovinata. E’ stata sottoposta a un restauro intorno agli anni ’70 che ha però arrecato più danni. Infatti, dal recente restauro eseguito nel 2013 da Marinella Cataldi, è emerso un ulteriore dipinto sopra la tela che era stata inoltre riempita di stucco. Per quanto riguarda l’autore non abbiamo certezze, osservando i volti e alcuni elementi sembrerebbe che vi abbiano lavorato artisti diversi. Il prof. Enzo Maganuco ha catalogato la tela nel 1934, come risulta da una nota del padre Guardiano considerato che dal 1763 al 1765 lavorò a Ipica nella Basilica di S. Maria Maggiore, dove, fra l’altro, trovò la morte dacdendo da una impalcatura.» In merito alla identificazione dei santi raffigurati, essi sarebbero »San Fedele da Sigmaringen [identificato] per la ferita alla testa; e San Giuseppe da Leonessa, patrono delle missioni, infatti è raffigurato con un crocifisso tra le mani». L’individuazione dei santi inoltre ci consentirebbe di datare la tela in un periodo non anteriore al 1729 e certamente posteriore al 1762, sicuramente dopo la canonizzazione dei due santi 1746
3] Su questo fonte scrive La China a pag. 76: «Pan.- Ella diceva testé, che esiste un altro fonte battesimale nella chiesa dei Cappuccini. Come va? Parr.- Essendovi istituita nel pianterreno dell’ex Convento dei Cappuccini la ruota di projezione o Brefotrofio, ideai nel giorno di Ognissanti del 1884 l’erezione di un battistero ai Cappuccini, a solo oggetto di battezzarsi ivi i trovatelli, che quasi giorno per giorno vengono esposti alla ruota, e ciò sino a tanto che il servizio di projezione si manterrà in quel locale…». Il triste fenomeno della “projezione” è attestato a Vittoria sin dai primi anni del Seicento, con numerosi abbandoni di infanti, tanto che ancora nel bilancio dell’Università nel 1714 furono stanziate somme per le nutrici, misura reiterata nel 1748 e nel 1813, quando ne vennero censiti 40, per i quali servivano 14 nutrici al mese. Sugli aspetti giuridici e morali dell’abbandono dei minori, l’avv. Rosario Cancellieri scrisse un indignato saggio nel 1853.
4] Forse sarà un caso, ma dopo questa sepoltura, il Comune vietò l’inumazione dentro la chiesa, a cominciare dal 1862. Dello stesso sacerdote Giuseppe Mazzone fece un ritratto a figura intera «seduto ritto su una poltrona di vimini; una mano, tra i bottoni della tunica, l’altra, poggiata su un ginocchio, tiene un libro».
5] Nato a Cantalice nel 1515, morto a Roma nel 1587. Beatificato nel 1625 e canonizzato il 22 maggio 1712. Cronologicamente è il primo santo dell’Ordine cappuccino, considerato da sempre un tipico modello di santità evangelico-francescana, imitato soprattutto dai fratelli laici. Copiosa e molteplice è la sua iconografia, che lo rappresenta spesso mentre ha la visione della Madonna col Bambino in braccio. Un quadro di San Felice con la Madonna è oggi custodito nel Museo Diocesano di via Cavour.
6] Nel quadro compare la seguente didascalia: «R. P. Gaetano La China ex Cappuccino letterato insigne profondo teologo, poderoso oratore scrittore forbito di lingue antiche conoscitore visse vita intemerata, di cuore sensibilissimo, amò d’intenso amore la religione la patria la famiglia vide la vita a 4 novembre 1815 a 20 gennaro 1885 spirò».
7] Passato al Fondo Culto nel 1867, utilizzato prima come sede della Delegazione di Pubblica Sicurezza, poi come ospedale nel 1876 per alcuni mesi e definitivamente dal 1880, fu restituito ai Cappuccini dal Comune di Vittoria nel 1965 (vedi oltre).
8] Ne scrissero diffusamente Paternò (pagg. 39-42), La China (pagg. 120-128) e più recentemente Piero Occhipinti e don Vito Intanno nel loro Vittoria ed i Cappuccini, un testo completo e ben documentato.
9] Giurati erano il not. don Francesco Castilletti, don Pietro Puglia, don Gabriele Gafà; secreto era invece il not. don Giacomo Ottaviano.
10] Cioè oltre la cinta che poi fu detta daziaria.
11cfr. Memorie storiche dei frati minori Cappuccini della provincia monastica di Siracusa…cit. da Occhipinti-Intanno, pag. 29.
12] Vedovo di donna Francesca Indovina, si occupò anche della costruzione del monastero di Santa Teresa quando le fondazioni Indovina e Cannata furono unificate nel 1705.
13] La China, basandosi sull’iscrizione “1766” dell’arco della volta, scrive che essa fu costruita in seguito. La data si riferisce probabilmente al completamento dell’interno, in quanto la chiesa risulta utilizzata per le sepolture già nel 1708, quando vi venne seppellita per prima la terziaria francescana suor Marta Toro, seguita il 14 aprile 1711 dal fratello Filippo Toro. Pare però che si tratti di una concessione a benefattori, perché nessun altro defunto risulta seppellito nella chiesa. Troveremo un’altra sepoltura solo il 27 marzo 1724, quella della piccola Rosa, figlia di don Innocenzo Toro (figlio di Filippo) e Gioanna Occhipinti.
14]Di lui esisteva un ritratto (un gran medaglione) nel refettorio, dedicato all’”onorevole fondatore”, ritratto che, secondo La China, non si vedeva più ai suoi tempi «perché essendo stati addetti, il refettorio e la cucina, a sala di baliatico per la projezione, e a sala necroscopica, il Comune quando fece la riforma delle stanze a pianterreno, imbiancò tutte le pareti e la volta; quindi quell’affresco dovrà naturalmente conservarsi sotto uno strato di calce, com’io son portato a credere».
15] Sui Cappuccini ha recentemente scritto una bella monografia lo studioso e pittore Gaetano Bruno intitolata I Frati del popolo. I cappuccini in Vittoria, Edizione Parrocchia Santa Maria Maddalena, 2018.