Il Mercato dei Fiori.
Continuando lungo lo stradale, in una zona chiamata un tempo “Surdi” (contrada d’Indovina, dal cognome dei primi enfiteuti, tra i quali don Giombattista Indovina, il primo notaio di Vittoria dal 1614 al 1629, detta in seguito anche “delli Catalani”). Nella contrada, estesa 33 salme, tra Sette e Ottocento vi possedevano terre appunto le famiglie Catalano, Mangione, Lio, Biazzo, Cicerone etc. ed anche la Venerabile Cappella di Santa Maria del Monte Carmelo in San Giovanni. Oggi vi sorge il Mercato dei Fiori, destinato originariamente ad ospitare il nuovo mercato ortofrutticolo (deliberato sin dal 1960), per toglierlo dalle strettoie di Piazza “Giacomo Matteotti”, dove rimase fino al 1961. Ma la realizzazione della struttura tardò e quindi nel 1962 si decise di ubicare “provvisoriamente” il mercato nella contrada Terrepupi, in strutture precarie di lamierino (oggi via Giuseppe Di Vittorio).
Sin dalla fondazione, nelle campagne della nuova Terra furono impiantate colture specializzate. Nella valle del fiume di Cammarana, sin dalla fine del Quattrocento, sono attestati “giardini” cioè agrumeti[1] e fibre tessili (canapa, lino, orbace) nelle zone irrigue dette appunto “Cannavate” dalle coltivazioni di canapa, anche se in seguito il termine “cannavate” indica semplicemente zone irrigue. Ma la nuova Terra di Vittoria nacque soprattutto per produrre vino e lo sviluppo del vigneto fu subito travolgente[2] (vedi box). Vittoria nacque per mettere a coltura le terre rimaste fino ai primi del Seicento non toccate dalle censuazioni della seconda metà del Cinquecento. Per quanto riguarda il vino, si può parlare di cerasuolo imbottigliato solo dagli anni ’50 del Novecento in poi[5]. A modificare ulteriormente la situazione fu un evento atmosferico imprevedibile: le terribili gelate del febbraio-marzo 1956, che distrussero vigneti e primaticci, gettando sul lastrico migliaia di produttori e di braccianti, ma causando anche un acceso dibattito sul che fare. E una delle soluzioni proposte fu un sistema di copertura delle produzioni con materiali vari. Accanto ad un esperimento in c.da Lucarella dei fratelli Areddia, con 1.200 mq coperti nel 1958, nel 1959 si arrivò a 2.400 mq. Protagonista primo fu un ex bracciante, di nome Pietro Gentile (1912-1971) che, venduta la casa, acquistò un pezzetto di terra a Punta Secca e vi impiantò una serra artigianale, costruita in legno e fogli di plastica (polietilene), come quelle che aveva visto assieme ad altri amici e compagni braccianti ad Albenga in Liguria (così mi raccontò un altro protagonista, Giovanni Di Stefano), raccogliendo pomodori a Pasqua del 1959, una cosa mai vista all’epoca, quando occorreva aspettare giugno per avere il pomodoro. Il suo esempio fu poi seguito da tanti altri piccoli proprietari, mentre subito la politica capì l’importanza dell’evento, con la presentazione all’Ars di una prima proposta di legge per l’erogazione di contributi. La nuova norma, presentata dall’on. Rosario Jacono (1925-2004) sin dal 1959, divenne legge nel 1964, e recò il nome dell’on. Feliciano Rossitto. |
NOTE
1] In particolare aranceti e limoni (assenti i mandarini, introdotti in Europa dalla Cina nella prima metà dell’Ottocento)
2]Contrariamente a quanto si crede, il vigneto si affermò sin dal 1623, per espandersi in gran parte del territorio nel Settecento e diventare quasi una monocoltura nella seconda metà dell’Ottocento. Sull’espansione del vigneto, cfr. Paolo Monello, Breve storia economica di Vittoria. Dal vigneto alla serricoltura, in Giuseppe Areddia, …Per un itinerario illustrato dal vigneto alle serre, Città di Vittoria 2008.
3]Detto anche marzuolo.
4]Pubblicato da Serafino Amabile Guastella in Il Carnevale nell’antica Contea di Modica.
5] Il nome fu usato dal cav. Giuseppe Di Matteo nel 1950. Oggi è a D.O.C.G.
6]Il pomodoro, pur portato in Italia dal Nuovo Mondo nel 1548, impiegò quasi tre secoli per farsi accettare nelle mense popolari e rimase a lungo temuto ed usato solo come pianta ornamentale. La sua fortuna alimentare fu posteriore al 1839, quando a Napoli se ne sperimentò l’accoppiata sotto forma di salsa con la pasta, dando origine al piatto tipico più famoso italiano (sulla storia del pomodoro e degli altri vegetali importati dal Nuovo Mondo, cfr. Maurizio Sentieri-Guido N. Zazzu, I semi dell’Eldorado, Dedalo Edizioni 1992 e David Gentilcore, La purpurea meraviglia, Storia del pomodoro in Italia, Garzanti 2010).
7]Tra i pionieri delle coltivazioni e per l’innovazione tendente a tenere sollevata da terra la pianta mediante l’impalatura, il signor Paolo Denaro (1897-1982) nel 1935 fu insignito del titolo di Cavaliere del Lavoro da Mussolini