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d) l’Ospizio di Matteo Terranova

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L’ospizio di Matteo Terranova.

Dove oggi sorge il Memoriale della Pace, sorgeva il vecchio Municipio (1870-1970) e prima ancora l’Ospizio o Ospedale de’ Poveri Pellegrini, fondato da Matteo Terranova con testamento del 3 agosto 1679. La costruzione occupava la parte centrale dell’isolato compreso tra le attuali vie Garibaldi e Rosario Cancellieri, Bixio e Carlo Alberto. Da quel che si può dedurre dai documenti, l’ospizio entrò in funzione dopo il 1709 (data d’inizio delle sepolture nella attigua chiesa di Santa Maria dell’Assunzione o della Infanta Bambina, che occupava lo spazio tra l’Ospizio e l’attuale via Garibaldi e che sarebbe stata fondata nel 1699 da mastro Giuseppe Garrasi). L’attività dell’Ospizio è contemporanea al definitivo trasferimento nel luogo di botteghe prima sistemate nell’antica piazza del mercato, dove era stata costruita la nuova Chiesa Madre.

La storia della piazza si lega alle vicende dell’Ospizio di Terranova e già sono state compiutamente ricostruite1. Languendo le entrate, a poco a poco l’Ospizio (che pure si era ampliato inglobando altri locali donati dalle sorelle Giudice nel 1791 dal lato della via Bixio) deperì. E agli inizi dell’Ottocento affittò parte dei locali ed il terrazzo al Casino dei Civili, realizzando un nuovo ingresso dalla via Bixio, in modo da separare gli accessi. In seguito il Casino di Conversazione si trasferì nella parte opposta, nei locali all’angolo tra le attuali vie Bixio e Garibaldi2, anche perché il terrazzo era pericolante e dovette essere abbattuto, come narra fra’ Gaetano La China (vedi box).

A metà Ottocento, l’Ospizio era in parte pericolante e subito dopo il 1860, le autorità comunali cominciarono a pensare di poterlo utilizzare. Senonché i locali dal 1862 appartenevano alla Congregazione di Carità solo in parte, in quanto la parte dell’Ospedale che dava sulla via Bixio era stata usurpata da alcuni membri della famiglia Jacono. Inoltre, la chiesetta (fondata come si è già detto da m.ro Giuseppe Garrasi o Guarrasi nel 1699 era entrata in possesso -non si sa come- della famiglia Giudice Porcelli. Pertanto, il sindaco Francesco Salesio Scrofani, mentre operava per recuperare alcuni locali usurpati dai privati (e cioè i locali dell’ospedale che davano sulla via Bixio e la sagrestia della chiesa dell’Assunzione o dell’Infanta Bambina3), propose una permuta alla Congregazione.

L’accordo, stipulato nell’aprile 1864, dava al Comune il possesso dell’area dell’antico Ospedale; in cambio il Comune avrebbe ceduto alla Congregazione i locali dell’antica Cancelleria in via Bixio (attuale locale detto Studio della Musica), utilizzato come Pretura, visto che la Cancelleria Comunale era ubicata nel palazzo all’angolo tra le attuali vie Bixio e Garibaldi (oggi Rio-Mastragostino), ampiamente ristrutturato da poco. Nell’area dell’antico Ospedale, che venne demolito, cominciò a sorgere il nuovo Palazzo di Giustizia. In verità il Comune non cedette mai alla Congregazione i locali di via Bixio, che furono utilizzati all’inizio come scuola. Nel 1869 però il sindaco Giombattista Jacono fece passare in Consiglio la proposta di utilizzare la nuova costruzione del Palazzo di Giustizia come Casa Comunale, destinando a Pretura i locali della Cancelleria. Contestualmente risolvette a vantaggio della propria famiglia e solo in parte della comunità, l’antica questione dei locali usurpati, assegnando quelli di via Bixio alla propria famiglia e la sacrestia della chiesa dell’Assunzione al Comune, che li utilizzò costruendovi nel 1870 l’accesso al Municipio sulla via Garibaldi e realizzando sopra la sagrestia la sala consiliare. Rimasero ai privati sia i locali della chiesetta sia le numerose botteghe che si aprivano a piano terreno lungo tutto il fronte della via Carlo Alberto sulla piazza.

Box. L’ospedale di Matteo Terranova tra Sette e Ottocento.

Sull’Ospizio o Ospedale di Matteo Terranova, detto Ospizio dei Poveri Pellegrini, abbiamo notizie dal 1706 al 1748 nei riveli e poi oltre grazie a Salvatore La China.
In piazza, davanti alla chiesa e al convento della Grazia, sorge l’Ospizio dei Poveri Pellegrini fondato da Matteo Terranova ed entrato in funzione dopo il 1709. Accanto ad esso, la chiesa di Santa Maria dell’Assunzione (poi dell’Ospedale e dell’Infanta Bambina), che risulta avere assicurato per la prima volta la sepoltura a un cadavere il 22 ottobre 17064.
Una volta avviata la sua attività assistenziale, l’ospizio fu oggetto anche di donazioni da parte del sac. dr. don Gio. Batta Giudice che nel 1721 donò una chiusa5 e nel 1725 quattro botteghe6. Eppure chiesa ed ospedale era due cose distinte e separate. Ce lo dimostra il rivelo del 1748, laddove i mastri Giovanne Mangione e Salvatore Civello, come procuratori della chiesa, dichiarano:
«In primis rivelano e dichiarano sudetti Procuratori a nomine di detta Chiesa possedere n. tre case di una stanza terrana per ogni una…in quarterio dell’Ospidale e piano della Piazza fabricate di calce, e pietra quale case due inservono per uso dell’infermi di detto Ospidale ed una per uso della sudetta Venerabile Chiesa che a relatione dell’esperti sono di prezzo onze trenta…onze 30 più possiedono a n.e di detta Chiesa n. nove case fabricate di calce e pietra di una stanza terrana per ogn’una che inservono per uso di poteghe con sue loggie o siano pennate sulla pp.ca Piazza situate parimente in q.a Città qf. con detta Ven.le Chiesa e piano della Piazza quali sogliono locarsi un anno per un altro onze diecisetti, e tt. sej, quali poteghe a relatione dell’esperti sono di prezzo onze cento dieci…onze 110.
Per altri due case fabricate di calce e pietra d’una stanza terrana per ogn’una site in questa Città e quarterio di S.ta maria delle Grazie conf. con case di don Giuseppe Maggiore e m.ro Francesco Leone, quale a relatione dell’esperti sono di prezzo onze venti…onze 20.
in tutto ascendono ad onze 160». Gli oneri ammontano ad onze 16, per cui rimaneva un capitale netto di onze 144, «il frutto del quale capitale inserve…in far celebrare una messa cotidiana per l’anima del qdm. Francesco Garrasi fondatore della detta messa quotidiana come per atto di fondatione per l’atti di pp.co notaro sua die al quale…e quello che resta erogarsi in oglio, cera, e vino per uso di detta messa e serviggio di detta chiesa».

A parte è il Rivelo che fa il rev. sac. don Francesco Aparo come Procuratore dell’Ospizio ed Ospitale de Poveri Pellegrini lasciato dal qdm. Matteo Terranova.
L’Ospedale possiede:

  1. Possiede d.a Opera Pia un tenimento di quattro case destinate per l’Ospitio ed Ospedale de’ Poveri Pellegrini.
  2. Possiede tre poteghe nella Piazza della Gratia conf. con case di d.o Ospizio e via pp.ca, le quali secondo la stima del capomastro m.ro Rosario Palermo, essendo di pietra e terra sono…onze 30
  3. Possiede una chiusa nel Cozzo dell’oro di salma una, e cinque con diversi alberi d’olive conf. con chiuse di don Gabriele Migliorisi, Francesco Cicerone e via pp.ca prezzata da m.ro Carlo Zago arbitro di Corte per onze 40
  4. Possiede una chiusa nel Cozzo dell’oro di tummila sette circa conf. con Giuseppe carf e via pp.ca prezzata dal sopra detto arbitro per onze 50», per un totale di onze 120.

Tra i pesi, due legati: uno dello stesso Matteo Terranova di onze 1.18 al convento della Grazia7 e l’altro del figlio don Desiderio di onze 2 vitalizie al rev. padre Desiderio da Vittoria8, probabilmente il padre guardiano. A stento le entrate coprivano le uscite, che ammontavano ad onze 111.15. Rimanevano solo onze 8.15.
Sommando le une e le altre notizie, l’Ospedale nel 1748 occupava metà dell’isolato suo e cioè a partire dall’attuale via Garibaldi:

  1. casa di una stanza adibita a chiesa;
  2. due case (due stanze) per infermi;
  3. tenimento di quattro case per “Ospitio ed Ospedale”;
  4. nove case di una stanza ciascuna una accanto all’altra utilizzate per botteghe con logge;
  5. tre botteghe (all’angolo dell’isolato, perché dànno sulla piazza e confinano con via pubblica).

Riepilogando, chiunque entrasse nella piazza nel 1748 vedeva una costruzione a un piano, forse con un terrazzo, al di sotto del quale si trovavano tre botteghe lungo l’attuale via Cancellieri. A piano terra, lungo la via che poi sarà chiamata dell’Ospedale (ed in seguito Carlo Alberto), forse in parte sotto il terrazzo, si aprivano ben nove botteghe, seguite da altre due stanze utilizzate per gli infermi e la chiesa all’angolo. Il complesso ospedaliero era composto in totale da sei stanze, due a pianterreno e quattro sopra. Inoltre l’Opera Pia possedeva a quella data altre case e terre al Cozzo dell’Oro, di cui si sconosceva l’esistenza e che “sparirono” ben prima dell’Ottocento. Sulla chiesa Terranova riporta una nota a firma di don Francesco Aparo e trascritta in un registro della Curia Vicariale sotto la data del 17 novembre 1756:

«La Chiesa sotto titolo dell’Assunzione dell’ospedale fu sempre una filiale soggetta, al par delle altre (segue elenco), all’unica Chiesa Parrocchiale di S. Giovanni Battista, esistente in questa città di Vittoria e territorio e l’Arcipreti Parrochi di detta Madre Chiesa ed unica Parrocchia, che sono stati e il presente don Enrico Ricca, hanno esercitato ed esercitano tuttora la piena facoltà, preminenza e giurisdizione in dette chiese filiali, come parroco e rettore dell’istesse, per avervi autorità e podestà e libera facoltà di cantarvi Messe solenni e Vesperi, somministrarvi l’Eucaristia e Penitenza al popolo, predicarvi la divina parola, farvi seppellire defunti, non però nelle private sepolture dei particolari, in virtù di Bolle Ponteficie, decreti, capitoli e costituzioni sinodali e consuetudini inveterate».

Ma ecco cosa ne sappiamo nell’Ottocento.

«A chi, un mezzo secolo addietro, entrava nella nostra piazza Camerina, or Vittorio Emanuele, si presentava, appoggiato ad un edifizio a piano superiore e guardante Greco, un terrazzo sostenuto da archi e allato una scala». Così scriveva padre Gaetano La China (al secolo Salvatore La China, fratello maggiore dell’arciprete Federico) nel cominciare la sua Breve notizia sull’Ospedale Civico di Vittoria (Tipografia Velardi, 1881). Riferendo quindi una situazione edilizia risalente al 1830 circa, il vecchio frate cappuccino rivoluzionario (era stato tra i cospiratori mazziniani del 1853) continuava: «Al pian terreno e in fondo al terrazzo botteghe di salumi e di verdure; poi una botteguccia di funajo; poi una chiesetta. La più lunga delle botteghe tirava a Libeccio e avea uscita in via Menelao ora Bixio. Qui assumeva il nome di fondaco. Era il fondaco di Giunta. Adesso trovasi divisa da un muro e nella parte di via Bixio vi lavora un bottajo». In nota La China precisa che tale ultimo spazio, sulla via Bixio, era stato ulteriormente suddiviso e vi si trovava l’archivio del notaio Filippo Neri Maltese. «Antico era quell’edificio, antico quel terrazzo, antica la sua scala. Potrebbesene stabilir l’epoca intorno al 1620 quando questa città non potendo svilupparsi più a Scirocco estendeasi a Maestro. In questa casa abitò un dì Matteo Terranova: il quale per atto di sua ultima volontà presso Notar Francesco Pozzo Carrubba a 3 Agosto 1679 la volle destinata ad ospizio per gli ammalati poveri di questo Comune. Componevasi di sala, camera, cucina, più un casalone, volgarmente casalino». L’autore traeva tali notizie oltre che dalle conoscenze personali e dai ricordi degli anziani, dall’opera del barone Salvatore Paternò Memorie storiche di Vittoria dei primi tempi, pubblicata nel 1877 (pag. 50). Ma rispetto alle notizie un po’ confusionarie del barone, La China ne aggiungeva altre, che ci consentono di avere chiara la situazione dell’isolato intorno al 1830.

«…Quella casa quincinnanzi chiamossi “Ospedale” e la memoria del pio istitutore visse nelle nostre benedizioni. Entro quel rettangolo formato dalle botteghe, dal Casino di Conversazione e dall’attuale Palazzo di Città Donna Gaetana e Donna Pasquala sorelle Giudice possedeano un piccolo spazio di terra che chiamavano l’orto; più un orticello con pozzo. L’orticello rasentava la sacristia e la chiesetta dell’Ospedale così chiamata perché ad esso vicina...». E poi: «…i nostri anziani (si parla di un 66 anni addietro) ricordano bene che da quel terrazzo non si andava mica all’Ospedale, ma in un Caffè o casino di conversazione».

E qualche anziano ancora vivo ricordava persino i nomi «di quelle persone estinte che il frequentavano» intorno al 1815, e che si giocava anche ai tarocchi. La China passa poi a giustificare come mai gli amministratori dell’Ospizio si fossero decisi a dare in locazione «la stanza d’ingresso nella casa di Matteo Terranova». Come meravigliarsi di ciò, afferma, di fronte al disavanzo tra le rendite -assai misere- e le spese necessarie a «vitto, a medicine, a biancheria, a bucato, a lumi, alla legna, a stoviglie ed altri utensili bisognevoli a mantenere anche un solo ammalato?».
Per questo era stata realizzata una seconda scala, in parte dell’orto che aveva la sua entrata dal Porticatello in via Menelao oggi Bixio. Dopo la donazione delle sorelle Giudice nel 1791, gli amministratori dell’epoca – e tra essi soprattutto il nonno dell’autore, il dr. Francesco di Paola La China- pensarono di sfruttare tale possibilità, separando la sala d’ingresso dell’Ospedale, servita dall’antica scala, per adibirla a Caffè o Casino di Conversazione in locazione; riservando ad Ospedale la camera rimasta e la cucina, servite dalla nuova scala d’accesso dalla via Bixio. Il frate cappuccino scriveva di ignorare fino a quando il primitivo Caffè fosse rimasto lì allocato, ma era personalmente testimone del fatto che nel 1830 esso sorgeva già nel luogo dove era nel 1881, anche se prima occupava meno spazio.
Il Casino infatti (dove nel 1871 si era consumato l’assassinio di Mario Pancari) era all’inizio composto dal «camerino via Dascone or Garibaldi, e da due stanze: una all’angolo formato dalla via Bixio e Garibaldi con una porta in ciascuna di queste vie; e l’altra stanza contigua a questa, detta la merceria con la porta in via Bixio».
Tali locali erano stati ceduti in affitto dal proprietario Antonino Cicerone a Gioacchino Jacono e Gaetano Giudice (atto del 1° novembre 1830, in notar Felice Maltese). Qualche anziano inoltre gli aveva riferito che il Casino si trovava in quei locali già da qualche tempo prima del 1826. La cosa era dimostrata anche dal fatto che nell’atto stesso, parlando della stanza all’angolo tra le due vie Dascone [Garibaldi] e Menelao [errato per Menecolo, oggi Bixio], la si definiva «la seconda in cantoniera, detta il Caffè», appunto a dimostrare che già prima del 1830 lì era allocato il Casino di Conversazione chiamato appunto “Caffè”. L’atto del 1830 riguarda infatti non la primitiva locazione ma un rinnovo per 16 anni («otto di fermo e otto di rispetto»), resosi necessario per potere realizzare una stanza più grande, unendo insieme quelle due del Caffè e l’attigua merceria. Pertanto, La China deduceva che la primitiva sede fosse stata abbandonata intorno al 1820. Ciò avvenne sia perché «i nastri colorati» (cioè i borghesi) non tolleravano più di stare in alto sul terrazzo, sia perché il terrazzo stesso era pericolante, tanto è vero che «intorno al 1828 dovette abbattersi perché minacciava andare in rovina».

Il Casino di Conversazione rimase in quella stanza per 16 anni. Quando nel 1846, il nuovo proprietario Sebastiano Calì rinnovò la locazione per altri 30 anni, si colse l’occasione per ingrandire ulteriormente il circolo, aggiungendo la stanza contigua sulla via Menelao, che allora serviva come archivio dello studio del notaio Ferdinando Mangione. Nel 1853 si utilizzò tale ambiente come stanza di passaggio per accedere alla nuova sala di biliardo, allora in costruzione. Infatti don Giuseppe Jacono Lucchese, con atto del 25 luglio 1853 presso il notaio Ferdinando De Pasquale, «cedette anche per trent’anni quello spazio interno di cui abbiam detto confinante con la sacrestia e chiesa dell’Ospedale e con la scala di questo: a patto che vi fossero costruiti, come di fatto si costrussero, la sala del bigliardo e annessi». Riepilogando la situazione dell’isolato dopo la demolizione degli archi e del terrazzo, abbiamo che ai primi degli anni ’50 dell’Ottocento il lato prospiciente sulla Piazza Camerina (oggi del Popolo) lungo la via Carlo Alberto e a cominciare dalla via della Piazza (dal 1864 Volturno, oggi Rosario Cancellieri) fino all’attuale Garibaldi vedeva al piano terreno susseguirsi botteghe di salumi e verdure, una botteguccia di cordaio, la chiesa.
Una delle botteghe aveva un’uscita anche sulla via Bixio, dove allargandosi diveniva un fondaco, il fondaco di Giunta. A conferma di quanto scrive La China, nel catasto urbano del 1851 è riportato lo stato delle proprietà sul lato della via Menelao. Gli eredi di m.ro Antonino Cicerone possedevano una «stanza ad uso di Caffè» in via Menelao n. 145 e un’«officina» terrana al n. 147. L’Opera di Pubblica Beneficenza una «stanza bassa» al n. 148, con al piano superiore «tre stanze», appunto i locali dell’Ospedale. Gli eredi di Salvatore Giunta possedevano una «stalla e fondaco», con una stanza superiore al n. 149. Nella parte opposta, in via Ospedale [oggi integrata nella piazza], è registrata solo la «chiesa dell’Ospedale». Nel corso degli anni l’Ospedale andò sempre più deperendo. Le risorse finanziarie permettevano a stento il ricovero di tre ammalati e il mantenimento di una vecchia infermiera, tale «Dorotea Di Maio, intesa Dia a becchina, vedova di Lorenzo Polizzi (Laurienzu), beccamorti, il quale fu ucciso dal furore popolare il 4 giugno 1848, in occasione di una dimostrazione per l’avvenuta abolizione della tassa sul macinato» (Terranova).
Dopo la morte della donna, avvenuta nel 1863, l’Ospedale risultava completamente abbandonato. E fu allora che il Comune tornò a interessarsene, acquisendolo e facendo costruire il nuovo Palazzo di Giustizia poi Municipio.

 

 

 

NOTE

1] Paolo Monello-Giuseppe Areddia, Vittoria e le sue Case Comunali (1845-1985), Quaderni di storia urbanistica 2, 2008.
2] Il 12 marzo 1871 vi fu assassinato il giovane Mario Pancari, al culmine di uno scontra tra fazioni, a causa di un odio che affondava le sue radici negli anni ’50 e ’60, tra politica ed interessi economici (cfr. Paolo Monello, L’affare Pancari…2002, ristampato con leggere correzioni con il titolo Assassinio al tavolo da gioco nel 2020).
3] Nella chiesa, l’8 settembre, si celebrava la «…Festa della Santa Bambina alle volte sì, a le volte no, da sollennizarsi a libera volontà e proprie spese di don Giuseppe del Giudice Lupo» (dall’elenco delle feste, 1799-1827).
4] Si trattava di un tale Francesco Muschi della città di Piazza di anni 63.
5] «A 6 marzo 1721. Item donatione irrevocabile d’una chiusa di terre…q.ta della Serra delli Rovetti conf. con chiuse della Ven.le Chiesa di S. Giuseppe ed altri donata dal dottor don Gio. Batta Judici allo Ven.le Ospitio de Poveri di questa Città…».
6] «A 17 gennaro 1725. Il rev. sac. don Gio. Batta Judice fece donatione inrevocabiliter alla Ven.le Chiesa del Ospitale di quattro case seu apotece (!)…q.ro predicto conf. con altri case seu apotece del detto Ospitale et altri con l’onere di celebrarne tante messe per l’anima di detto donante».
7] Tale donazione va dunque aggiunta alle altre della seconda metà del Seicento: «Più si deduce il legato di tt. diecedotto, che paga il sud. Ospizio al Ven.le Convento de Minori Oss.nti di questa, come per atto di donatione del qdm. Matteo Terranova Gueli fundatore per l’atti di not. Biagio Cannizzo sotto li 13 lug.o 2a Ind. 1664 ed onza una al sudetto Convento legata dal sudetto Matteo per testamento stipulato per l’atti di not. Francesco Puzzo Carrubba sotto li tre ag.o 2a Ind. 1679 che ragionati al cinque per 100 importano onze 38».
8] «Più si deduce il capitale di onze due vitalizie che paga detto Ospizio al rev. padre Desiderio da Vittoria, come per testamento del qdm. don Desiderio Terranova stipulato per l’atti di not. don Francesco Ottaviano sotto li 5 lug.o 1709 che raggionati al 20 per 100 importano onze 10»

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