giovedì, Novembre 21Città di Vittoria
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a) il Castello

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Il CASTELLO oggi MUSEO della MEMORIA

Il cosiddetto Castello è la prima costruzione realizzata nella nuova Terra di Vittoria. L’appalto fu infatti dato sin dal 4 marzo 1607, seguito il 6 marzo dall’appalto per la costruzione della Chiesa Matrice, di due magazzini frumentari e di due mulini proprio sotto il Castello. I lavori furono affidati ai mastri Vito Dierna e Vincenzo Nobile, entrambi di Ragusa1 (a quanto sembra, giorno 11 marzo 1607 l’inizio della costruzione fu salutato con lo sparo di fuochi d’artificio). All’inizio furono realizzati solo alcuni vani, proprio sopra le grotte, ancora oggi visibili. Dai documenti sembrerebbe che già nel 1612 altre stanze furono costruite a primo piano dal mastro Giombattista Ventura. In verità fino alla metà del secolo XIX non esistette alcun piano superiore. Il Castello fu sede di un castellano dal 1624, anche se l’eletto don Giovanni Grimaldi (figlio di don Giuseppe Grimaldi, padrone della Dragonara ed uno dei maggiori funzionari della Contea), essendo allora minorenne, prese possesso della carica solo nel 1639. In occasione della venuta il 27 ottobre 1643 dei Conti di Modica, il viceré Giovanni Alfonso Enriquez, la moglie Luisa de Sandoval, la figlia Francisca ed il figlio Juan Gaspar con la moglie donna Elvira Osorio, i locali furono completamente ristrutturati.

A quanto si legge nei documenti pubblicati da Raniolo, il Castello fu reso capace di ospitare il viceré ed il suo seguito, seppure per una sola notte, trasformando gli ambienti esistenti in camere confortevoli, con il rifacimento della cucina (costruita su una grotta riadattata a dammuso2) e dei tetti, ricoperti di tegole nuove. Il riferimento alla cucina costruita sopra la grotta forse ci dà la soluzione del mistero: probabilmente le grotte, utilizzate pienamente, erano considerate come una sorta di piano terra: pertanto le stanze costruite sopra erano un primo piano. Si intervenne anche nei magazzini collaterali, che servivano per il deposito del frumento (terraggi) consegnato in pagamento del canone delle terre. Non abbiamo notizia di danni al Castello l’11 gennaio 1693, mentre ne abbiamo per i due magazzini adiacenti, la Chiesa Madre e due conventi, per alcune case di privati e per i mulini nella valle.

Lavori importanti dovettero essere fatti nel 1787, come si deduce dalla data incisa nella chiave del portale principale. Dal 1° settembre 1813 il Castello fu preso in affitto dal Consiglio Civico per destinarlo a carcere. Nella deliberazione, i locali risultano in potere dell’Amministrazione Regia dal 1802, ma quando l’erede dei Conti di Modica rientrò in possesso dei suoi beni nel 1815, il Comune pagò a lui l’affitto3. Riporto uno stralcio della deliberazione:

«…Oggi giorno di domenica che corrono li dodici del corrente dicembre 1813: essendo stato trattenuto publico, e sollenne Conseglio nella Gran Sala de’ Padri Osservanti di questa sudetta Città, per discorrersi circa la censuazione delle carceri, baglio, casa, stalla e tutt’altro prescritta dall’Ill.e Gran Camerario don Gaspare Leone con suo venerato ordine diretto a questo Sp.le Magistrato Municipale, ed avendosi dall’anzidetto Conseglio [tenuto] presente sudetto venerato ordine fu d’unanime parere di prendersi a cenzo sudette carceri, baglio, casa, e stalla tutto includendo, e niente escludendo per l’annua pigione di onze sei pagabili ogn’anno a quella persona designanda dal sudetto Ill.e Ministro di Leone, lasciando sudetto Conseglio l’uso solamente alla Compagnia di Modica di potersi servire della casa, e stalla in ogni qual volta verrà in questa».

Dunque l’affitto da parte del Comune risale al 13 dicembre 1813, con un canone annuo di 6 onze da pagarsi all’Amministrazione Regia, alla quale allora apparteneva la Contea dopo l’incameramento al Demanio avvenuto a seguito della morte nel 1802 senza eredi dell’ultima Contessa di Modica (donna Maria Teresa Gaetana Álvarez de Toledo, la famosa duchessa d’Alba dipinta da Francisco Goya). Infine, il 27 febbraio 1814, «pelle istanze del carceriere Giuseppe Vasile il Consiglio unanimamente decretò di assignarsi al medesimo promodalmente [provvisoriamente, n.d.a.] per la custodia del detto carcere tarì uno il giorno da pagarsi dal Comune, facendosi buono al Magistrato Municipale ne’ conti, e ciò a parte delle propine solite esigersi da’ carcerati».

Nel 1824 i locali furono imbiancati, vennero costruite delle tuccene4, rifatte le latrine ed i tetti delle stanze. Il Comune, nonostante fosse creditore del Conte per un prestito, pagò regolarmente l’affitto fino al 1834, anno in cui cessò di farlo. La questione si chiuse con una transazione nel 1861, nella quale la vedova del Conte cedette i locali al Comune, «in soddisfo di tutto quanto avrebbe potuto pretendere la Comune» (La China). Nel catasto del 1851, il carcere appare composto di cinque stanze, per l’esattezza «n. 5 cinque stanze, ed un scoperto, cioè una pel carceriere, tre peì detenuti maschi, ed una per le donne»5. L’insufficienza della struttura era però evidente e già nel 1861 si avvertì la necessità di costruire un piano superiore. Il primo piano (realizzato con progetto dell’ing. Eugenio Andruzzi, approvato nel 1883) risulta completato nel 1886, quando finalmente l’edificio acquistò l’aspetto odierno: un atrio d’ingresso, quattro stanze e tre piccoli locali (di cui uno di accesso al cortile) a pianterreno; altri due ambienti (di cui uno con accesso al cortile) ed il vano scala per salire al primo piano, che conta sei stanze separate da un corridoio ed una stanza grande6. Utilizzato come carcere fino ai primi anni ’50 del secolo scorso, quindi come archivio-deposito di atti comunali e giudiziari, nel 1976 l’Amministrazione Comunale Lucifora decise di recuperare l’antico edificio per usi culturali, affidando a professionisti qualificati la ristrutturazione dell’immobile7 per adibirlo a museo.

I locali furono inaugurati il 24 aprile 1985 – sindaco Monello -, quando già si era a conoscenza che la fondatrice Vittoria Colonna era sepolta nella chiesa di San Francisco a Medina de Rioseco, nei pressi di Valladolid in Spagna. La notizia confermò l’A.C. dell’epoca nel vasto disegno di recuperare all’uso pubblico culturale anche gli annessi Magazzini del Conte e l’antica Centrale Elettrica, già Monastero di Santa Teresa. Alla realizzazione dei contenuti del museo collaborò il prof. Virgilio Lavore (1926-1999), cui in seguito fu intitolato il Museo stesso, in cui si esponevano alcuni pannelli sulla storia del territorio, con alcune stanze dedicate alla “civiltà del vino”, con oggetti donati da Giuseppe Coria8. A seguito di nuove scelte amministrative, il progetto del Museo del Territorio non fu realizzato e dopo varie vicende amministrative oggi i locali del Castello sono stati destinati esclusivamente all’istituendo Museo Digitale, per raccogliervi l’intera memoria cittadina, sia essa fatta di documenti, deliberazioni, foto, ricette, mappa etc..etc. Nel cortile del Castello è visibile la lapide commemorativa dettata da Emanuele Mandarà in occasione dell’arrivo a Vittoria il 29 giugno 1990 di parte dei resti della fondatrice Vittoria Colonna, che così recita:«...da Rioseco di Spagna/ nella nostra città/da lei fondata/ con preveggente ingegno,/ con munifico cuore/ ed inesausta volontà di ascesa/ questo marmo/ qui tra le mure erette per suo intento/ la municipalità/ e i figli tutti di Vittoria/ commossi/ per il materno arrivo/ con animo d’orgoglio/ e con riconoscenza inestinguibile».

L’area del Castello fu riconosciuta di pregio sin dal 1881, quando nel P.R.G. del sindaco Rosario Cancellieri si previde di realizzare un Viale dell’Ippari, dalla via Ipperia fino al Monastero di Santa Teresa, per valorizzare la veduta della Valle. Scampato il pericolo dell’abbattimento inserito tra le disposizioni del Piano Ugo-Verace votate dal Consiglio Comunale nel febbraio 1970, l’acquisto delle coste nel corso dell’ultimo decennio consentirebbe oggi di realizzare quell’antico progetto, con il pieno recupero all’uso pubblico delle grotte sottostanti il Castello (le Grotte Alte residue), nonché dei resti archeologici di epoca bizantina che ancora sono custoditi nell’area dietro il Castello, un naturale teatro all’aperto di grande suggestione, che l’attuale Amministrazione intende utilizzare.

 

 

NOTE

1] Raniolo 1990, pag. 441
2]Giuseppe Areddia, Lavori di recupero e conservazione dell’antico castello Colonna Enriquez e degli adiacenti magazzini frumentari, 2004
3] In cambio di un prestito di onze 650, il Conte diede in locazione il Castello, per onze 16 l’anno: un modo per restituire la somma…(La China pag. 456). Sulla fine della Contea di Modica, cfr. alcuni miei articoli su amazon.it
4] Sedili di pietra, caratteristici anche nelle campagne, a lato dell’ingresso alle case.
5] Relazione del 1° luglio 1876, Archivio Storico Vittoria
6] A seguito dei lavori nei Magazzini adiacenti, il primo piano è oggi collegato col primo piano dei Magazzini stessi.
7] Incaricati ne furono gli architetti Giuseppe Areddia, Albarosa Petrolo e Salvatore Occhipinti, che sui lavori di recupero pubblicarono un opuscolo dal titolo Guida al castello Colonna-Enriquez, 1985
8] Il colonnello Giuseppe Coria (1930-2003) fu autore di numerose pubblicazioni sul vino e sul vigneto fra cui ricordo Enciclopedia dei vini italiani, Verona 1973; Il palmento, in Contributo per un inventario dei beni culturali, Distretto Scolastico 53°, 1981; Guida alla vitivinicoltura, n. 1 della serie I quaderni del Museo Polivalente di Vittoria, 1986; Origini e realtà attuali dell’agricoltura vittoriese, in Trentesimo Emaia 1966-1996 (e anche in Emaia20, 1986); Corsi e ricorsi storici in vitivinicoltura, in Comune Notizie 1/2000; Il Cerasuolo di Vittoria in I Quaderni del Museo, Edizione Comune di Vittoria n. 7/2005. Tra le numerosissime pubblicazioni anche Un vino per ogni piatto, I grandi vini di Sicilia, Il libro d’oro dei vini d’Italia, una serie di opuscoli (Il miele ibleo, Pane pasta e dolci del ragusano, Il carrubo…salviamolo, La cucina della Sicilia orientale, Profumi di Sicilia. Il libro della cucina siciliana”, Magia verde, La festa di San Giovanni a Vittoria e numerosi altri, tra i quali, postumo, il volumetto Dall’anice alla sambuca.

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