Piazza Italia e il “Cavallo ipparino” di Arturo Di Modica.
Piazza Italia (nota nel passato anche come Piazza Esso, dal distributore di benzina che per lunghi anni vi funzionò), prevista nel piano regolatore del 1880 (approvato con decreto reale del 23 agosto 1881) col nome di Gran Piazza d’Italia, sorge in una zona vitale per le comunicazioni sia di oggi che nel passato. La piazza, in misura più ridotta rispetto alle previsioni di piano, fu realizzata dopo lunghe questioni con i proprietari dell’area (Jacono e Gucciardello) dopo il 1911.
La contrada sin dal Seicento è denominata San Placido e nel 1870 vi confluiva la «via che parte per la strada Castelfidardo passando per la senia del dr. Gaetano Foti» e proseguiva per la Madonna di Salute, da dove continuava per Biscari e le contrade Bastonaca, Bonincontro etc., cioè quelle strappate a Chiaramonte con la lite territoriale durata 80 anni tra il 1684 ed il 1764. Altro nome della Senia di Foti (nel 1811 detta di Costa) era anche Terrepupi o Colledoro.
Il tratto della strada provinciale da Vittoria a Terranova (lavori approvati nel 1854 ed iniziati subito dopo), fu completato dopo il 1860. Già nel 1870 Vittoria era attraversata da due strade interne provinciali: la via Garibaldi e la via Cavour, che però si fermava subito dopo la via Cernaia (detta Pachinello). La zona risulta fornita di un abbeveratoio nel 1886[1], che dalla mappa di La China sorgeva sull’asse della via Generale Cascino all’angolo con l’attuale via Firenze (dove oggi sorge la Posta). La sistemazione della Piazza, pur realizzata assai tardivamente, si era resa tanto più necessaria, in quanto dal gennaio 1893, per accedere alla nuova stazione, era stata costruita la cosiddetta “stradella”, già Viale Vittorio Emanuele III, oggi Viale Volontari della Libertà. Situata in un punto nevralgico, inoltre, sin dal 1935 nella piazza fu autorizzata la costruzione di un chiosco della S.I.A.P. (Società Italo-Americana Petroli) al servizio di due distributori di benzina, poi passati alla Esso (da cui il nome alla piazza). In occasione della venuta di Mussolini a Vittoria nel 1937, nella piazza fu installata una gigantesca fontana, dai rubinetti della quale sgorgava vino, che fu assaggiato e lodato dal Duce[2].
Recentemente, abbattuta l’area di servizio, uno spazio è stato sistemato per accogliere un bel monumento: il Cavallo Ipparino, opera dello scultore Arturo Di Modica, prima ospitato alla Villa Comunale. Nei pressi di Piazza Italia, in un grande edificio all’angolo tra le vie Evangelista Rizza e Giacomo Matteotti, sorgevano ai primi del Novecento il mulino e il panificio comunali (in un edificio con tracce di Liberty), primo esperimento di privatizzazione dei forni pubblici tentato anche a Vittoria, ad imitazione dell’esperienza catanese del sindaco socialista De Felice Giuffrida. Il tentativo fatto dal sindaco Giuseppe Giudice Porcelli durò dal 1905 al 1912.
La zona, inoltre, era nevralgica per l’economia della città. Non solo infatti dalla piazza si dipartivano tre strade: una per Terranova (Gela dal 1937), una per la stazione (con case in stile Liberty che meriterebbero maggiore attenzione[3]), la terza per Biscari (Acate dal 1937), ma anche perché in essa si concentravano parecchie distillerie.
NOTE
1]Nel 1899 a Vittoria, oltre a quello al bivio per Terranova e Biscari esistevano i seguenti abbeveratoi: uno in via San Martino all’angolo con la Marsala, un altro in piazza Daniele Manin, un terzo in piazza Cappellini ed un quarto all’uscita per Scoglitti (del. C.C. del 31 maggio 1899).
2]Paolo Medino, Tra le vie della storia vittoriese, 1935-1947; vedi anche Emanuele Fiorellini, Ricordi in rosso e nero, 2000.
3]Nel Viale Volontari della Libertà sorgono case in stile Liberty ai seguenti numeri: 22, 22/a, 27, 35, 39, 65, 71, 79.