giovedì, Novembre 21Città di Vittoria
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b) la Trinità

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La Chiesa della Trinità.

Per interessamento dell’arciprete don Desiderio Ricca, dall’aprile 1724 l’antica Chiesa Madre sotto titolo di San Giovanni cessò di vivere anche formalmente e al suo posto nacque la chiesa di Maria dei Sette Dolori, meglio conosciuta come chiesa della Trinità, che già nel 1748 diede nome ad un quartiere, formato da case a volte dichiarate nel quartiere di San Giovanni il vecchio, altre volte nel quartiere della Santa Testa1. Alla chiesetta della Trinità è collegata un’antica tradizione. Scrive La China (pag. 339) che nel 1732 si costituì al suo interno la Confraternita della SS.ma Trinità2, composta da bordonari. Fra i compiti della Confraternita anche quello di «celebrare e solennizzare colla maggior pietà, e pompa possibile, la festa della SS.ma Trinità, facendovi apparato e luminarie, non lasciando la sera del Sabato, precedente alla detta festa, di girare a piedi, o a cavallo, con lumi alle mani per tutta la Città, accompagnati da suoni festivi di pifferi, trombe e tamburi, gridando allegramente: Per tutta l’eternità, sia lodata e benedetta la SS.ma Trinità». La processione arrivava fino alla Piazza Camerina (oggi del Popolo), dove i bordonari giravano attorno al pozzo ivi esistente nel mezzo (nei pressi dell’attuale Monumento ai Caduti). È dovuto probabilmente alla Confraternita se la chiesa di Maria dei Sette Dolori fu meglio conosciuta come chiesa della Trinità3. La quale cominciò a ricevere donazioni sin dal 1723 (cioè prima che venisse riconosciuta formalmente), anche se nel rivelo del 1748 appare essere rimasta titolare delle donazioni all’antica chiesa di San Giovanni, le cui rendite le furono lasciate, mentre la nuova chiesa cominciava a riceverne di proprie.
Nel rivelo della chiesetta del 1748 i procuratori don Gio Batta Terlato e don Antonio Panascia dichiarano beni per 180 onze. Si tratta di 5 case, 8 tumoli di terre in contrada Gelati, e di vari censi su case. Le spese riguardano i censi da pagare alla Contea e al proprietario della contrada Gelati, il corredo sacro, il salario del sacrestano, l’olio e la cera, per complessive onze 110. Ridotta però a chiesetta di quartiere, la Trinità vivacchiò per tutto il Settecento. Nell’elenco delle feste compilato ai primi dell’Ottocento dall’arciprete Ventura si scrive che nella «Chiesa di Maria SS.ma Addolorata ossia della SS.ma Trinità…nel Vennerdì di Passione si celebra la festa di Maria SS.ma de’ Dolori a spese e divozione del b.ne don Francesco Salesio Scrofani a sua libera volontà, giacché non ha veruno rendale, e niuno obligo contrae detto sig.r di Scrofani». Altra festa era la «sollennità della SS.ma Trinità a spese de’ Bordonari e della Congregazione sotto d.o titolo, che lasciano grano uno per ogni barrile di vino, senza verun rendale…». Oggi la chiesa è chiusa.

NOTE

1] Denominazione a mio avviso traccia della leggenda secondo la quale la statua di San Giovanni sarebbe stata trovata decapitata, a seguito del terremoto. La chiesa della Santa Testa ricevette anche donazioni di beni, nel 1746.
2] Nel 1732 si costituirono altre due confraternite: una alla Grazia, con il nome di Confraternita delle Stimmate di San Francesco, composta da artigiani, che poi avrebbe dato origine alla Società Operaia di Mutuo Soccorso nel 1862; la seconda a San Francesco di Paola, sotto nome di Confraternita del Santo Padre, composta da operai agricoli (cfr. Paolo Monello, La chiesa ed il convento di San Francesco di Paola a Vittoria).
3] Di un quadro intitolato alla “Santissima Trinità”, senza data né firma, ad olio, di m. 2.50×2.80, parla Giovanna Garretto Sidoti nel 1944: «…l’armonia delle tinte calde, la freddezza delle figure dure, il Manierismo romano di derivazione raffaellesca, ci dicono che esso appartiene ad uno dei numerosi discepoli di Filippo Paladino. Al centro, attorniato dagli angeli, l’Arcangelo Gabriele ha snudato e porta in alto la Sacra Spada. Sopra, la SS. Trinità; sotto, in un fondale paesistico in miniatura, due santi pregano. Anche qui non manca la vena ritrattistica nella figura di questi due santi oranti, delicato è quel fluido color verdino dell’acqua che scorre». Di un altro quadro, forse dedicato all’Angelo Custode, così scrive l’autrice: «Un certo accademismo settecentesco connota le tele della chiesa della Trinità….un giovane paggio del cielo, dalle ali bellissime, mandato in terra a proteggere, invisibile, un fanciullo innocente che egli tiene per mano; v’è tanta grazia nel volto, soffuso di dolce bontà e nel gesto che addita una via. Per la grazia dell’espressione e lo slancio della figura, quest’angelo ricorda il San Michele del Sanzio (al Louvre), o uno dei tanti angeli del Perugino o del Correggio. Perfetta armonia c’è tra il disegno e i colori, armonia che rivela un ottimo artista». Dove sono oggi questi quadri?

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