Notizie sul culto in Salvatore Paternò e Federico La China. La tradizione.
Sul culto della Madonna di Cammarana esaminiamo ora le testimonianze del barone Salvatore Paternò, risalenti agli anni ’30-40 dell’Ottocento, anche se l’opera fu pubblicata nel 1877:
«In un punto dell’antico sito di Camerina, sin da tempo molto anteriore alla fondazione di Vittoria esisteva una chiesa sotto il titolo di Maria Assunta della quale il clero vittoriese, sino all’anno 1834 ogni 15 di agosto celebrava la festa in mezzo ad un gran concorso di devoti di Vittoria, Comiso e Ragusa, e non solo in chiesa, ma anche fuori con fuoco d’artifizio, corsa di barberi, banda musicale ed altro. Sopra l’altare era un gran quadro con l’effige di Maria estinta in mezzo a due angeli ed un apostolo che piangeva. Tale chiesa non poteva qualificarsi per rurale a servizio di agricoltori, perchè giaceva in luogo deserto, e molto più perché era organizzata ad ente morale, avendo i suoi procuratori, tesoriere, cappellano, colla proprietà di un’ampia estensione di terra, che veniva occupata dalla folla dei devoti nel giorno festivo. Dopo il 1834, in cui cessò di vivere l’ultimo procuratore sac. Giovanni Giambarresi, la chiesa fu abbandonata e cominciò a demolirsi involandone financo le pietre. Attualmente appena esiste un vestigio di muro che era sovrapposto ad un basamento di grandi masse, sulle quali vedevasi scolpita la figura di una civetta, che era il simbolo di Minerva, onde si opinava che la chiesa cristiana sarebbe stata edificata sulle fondamenta del tempio di Minerva…Volendosi indagare l’origine di quella chiesa, detta volgarmente di Camarana, non si trovano elementi che nella caligine dei tempi possono rischiararla e perciò bisogna ricorrere alle congetture ed alle tradizioni…».
Infine, La China, al quale si deve l’identificazione tra culto di Cammarana e Madonna di Portosalvo. Alla domanda del suo immaginario interlocutore se la festa che si celebra a Scoglitti il 15 agosto sia «forse la continuazione di quella che si celebrava a Camarina», La China risponde:
«Senza dubbio, perché quando a Scoglitti, nel 15 Agosto, si celebra la festa dell’Assunta, non dicono i Vittoriesi: andiamo alla festa di Scoglitti, ma andiamo alla festa di Cammarana»[1].
Anche se La China non fa alcun riferimento al tempo in cui fu realizzato il trasferimento del culto da Cammarana a Scoglitti (facilmente databile a dopo il 1837, anno in cui secondo Pace[2] si sarebbe sviluppato un incendio che la distrusse totalmente), la sua notizia ci dà la certezza dell’unicità della festa, anche se la Madonna Assunta in Cielo nulla ha a che vedere con la Madonna di Portosalvo. Il culto dell’Assunta, di tarde origini bizantine, fu collegato da Gaetano Guastella, un erudito chiaramontano (padre di Serafino Amabile Guastella), alla tradizione delle statue di Gulfi, con la elaborazione sette-ottocentesca della leggenda del salvataggio e dell’arrivo a Gulfi delle statue della Vergine e del Salvatore, che sarebbero state spinte in mare al tempo della persecuzione iconoclastica a Costantinopoli nell’VIII secolo d.C. (sono invece degli inizi del XVI secolo). Da ciò che ci dice Smith, è evidente che nel corso dei secoli, la Madonna aveva anche l’attribuzione di «protettrice dai pericoli del mare», cioè di Portosalvo. Anche per questo, dopo l’incendio del 1837, il culto fu portato a Scoglitti e la Madonna di Cammarana si identificò così con la Madonna di Portosalvo, di cui sin dal 1784 esisteva un oratorio. Ad essa nel 1865 fu dedicata una statua, commissionata a Giuseppe Giuliani da Palazzolo Acreide[3] e fu ospitata nella chiesa di San Francesco, con il titolo di Madonna di Portosalvo[4].
Ma come poté nascere il culto della Dormizione della Vergine dalle nostre parti? Vediamo di raccapezzarci un po’ usando il materiale che abbiamo. Anche se le testimonianze letterarie non sono posteriori al Cinquecento, l’analisi delle leggende e delle tradizioni agglutinatesi nei secoli attorno alla Madonna di Cammarana forse ci può aiutare.
La tradizione dell’Assunzione, storicamente festeggiata tra il 13 e il 15 agosto, è collegata senza ombra di dubbio a feste precedenti l’epoca cristiana. La chiesa di Roma già nel corso del V-VI secolo dopo Cristo, «cristianizzò il paganesimo» (Pace), sostituendo, lì dove i culti erano similari, a divinità pagane santi cristiani e in special modo sovrapponendo festività della Madonna a culti di divinità femminili pagane. La grande diffusione in Sicilia del culto della Vergine è comprensibile alla luce del dato della grande devozione che l’Isola aveva avuto sin dalla preistoria per divinità di analoga valenza “materna” e di “fertilità”. Con queste premesse è facile capire quali fossero le divinità pagane che precedettero e (per così dire) facilitarono l’insediamento del culto della Vergine sul promontorio di Camarina, dove sappiamo essere esistito un radicato culto di Persefone (cfr. Giudice 1979), mentre del tutto errata è la convinzione riferita da Paternò di una derivazione del culto della Madonna da quello di Atena. Giuseppe Pitré nella sua raccolta Feste patronali in Sicilia ci testimonia che la festa di Mezz’Agosto in tutta la Sicilia era collegata ad antiche feste pagane del ringraziamento per il raccolto, che si celebravano alle idi di agosto in epoca romana.
Scrive Pitré che «la festa della Madonna dell’Assunta era un tempo solennemente celebrata in tutta la Sicilia…[a Palermo] durava essa tre giorni cominciando dal 14 Agosto; e in tutt’e tre v’erano spettacoli clamorosi». Il Pitré riferisce della pompa dell’epoca barocca nel Seicento e nel Settecento, con la grande cavalcata, nel primo giorno, del Viceré, della Corte e del Senato dal Palazzo Reale fino a Piazza Marina. Nel secondo giorno «avea luogo la corsa del palio, e verso sera la processione dei cerei; il domani le regate». Sempre Pitré scrive: «Un’altra cavalcata si solea fare anche il giorno dell’Assunzione, e n’erano attori i signori della città, che si recavano alla fonte di Mare Dolce in mezzo ad archi trionfali con fontane d’acqua e vino ed olio: e si preferiva quello ad altri siti, perché…in esso celebravansi dagli antichi gentili le festività di Cerere, alla quale deità era dedicata quella contrada, e non se n’era potuto svellere nel popolo palermitano passato nel cristianesimo la prisca costumanza». Dunque Cerere latina o meglio Demetra/Persefone nella Sicilia greca, ma non solo…
Un’ulteriore prova che la festa aveva profonde radici pagane mantenutesi persino sotto il dominio musulmano, è data dal fatto che a Erice (sede di un radicatissimo culto di Afrodite-Venere (a sua volta modellato su un culto preesistente di una dea della fertilità), «si concedevano indulgenze a quanti intervenissero alla festa di ferragosto, provvidenza del Pontefice, affinché si potesse estirpare et radicitus distrudiri lo concorso grandi delle genti, le quali venivano a vedere lo Templo della dea Venus; e di tando [allora] fino alla presente jornata (sec. XVI) s’have fatto tanta sollennitate in honore e riverenza di nostra Donna di mezzo agosto».
L’autore riporta un testo del Cinquecento come prova che anche allora certe forme del culto apparivano ancora pagane e che era necessario sempre più accentuare la festa cristiana della Madonna rispetto al culto di Venere che si celebrava anticamente lo stesso giorno.
Dopo aver accennato ad altre usanze legate alla festa (in particolare copiosi regali di frutta, digiuno rituale, giochi, gare e alberi della cuccagna), Pitré aggiunge:
«Usa in qualche comune della Sicilia, che il giorno dell’Assunta cessino i contratti colonici. Perciò in quel di Ragusa v’è una fiera degli uomini; giacché tutti i contadini che servono ad anno (annalori) la sera del 14 tiran fuori il chiodo (scippinu ‘u cavigghiuni) dove in campagna appendono le proprie bisacce. Un proverbio ragusano ci ricorda questo termine dell’anno agricolo: “A mienzu Austu cuncinu l’omuri [le more, n.d.a.],/ Quannu fanu lu tempu l’annaluori”».
Fonte di tale notizia è probabilmente Serafino Amabile Guastella, che ci conferma come i contratti agrari cessassero appunto il 15 agosto, data in cui scadevano spesso vari pagamenti, come è possibile osservare in numerosi contratti enfiteutici del XVI e del XVII secolo in vigore nella Contea. Da quanto troviamo scritto in Pitré (che assomma le notizie della tradizione erudita e popolare del Cinque-Seicento) si possono enucleare alcune caratteristiche di un culto diffuso in tutta la Sicilia, che aveva superato persino l’età araba, mantenendo tradizioni di epoca greco-romana. La festa del raccolto del grano, la frutta nei canestri con il digiuno, il pellegrinaggio notturno con fiaccole: sono tutti elementi che fanno pensare al culto delle divinità greco-romane del raccolto, alla tradizione di Demetra che cerca Persefone…A conferma di ciò risulta anche un rinvenimento archeologico a Catania riportato da Biagio Pace, costituito da un’iscrizione sul «feridius dies» del 16 agosto, giornata dedicata a Cerere. L’eccezionale e universale diffusione del culto mariano in Sicilia si plasma su una precedente e profonda venerazione per le divinità del raccolto e della fertilità umana e animale. Tale sovrapposizione di culto affonda le sue radici nella pratica secolare del culto e, a livello colto, nella letteratura greco-latina che, soprattutto ad opera di Pindaro, Timeo, Diodoro Siculo, Cicerone e Ovidio, aveva elaborato e consolidato il concetto di una Sicilia “tutta consacrata” a Demetra e Kore/Persefone e poi a Cerere/Proserpina. Ma le evidenze archeologiche più antiche e alcune testimonianze letterarie (Pindaro) in particolare ci rinviano, come vedremo, ad un’epoca precedente, anteriore a quella dei Dinomenidi, in cui è prevalente il culto di una sola dea, venerata per millenni, che dai Greci sarà identificata e chiamata con il nome di Persefone.
A questo nucleo antichissimo, nel Medioevo normanno si unirono probabilmente tradizioni nuove come la corsa dei ceri, le corse dei cavalli, l’antenna a mare (sorta di albero della cuccagna), le regate. In parte tali festeggiamenti erano diffusi anche a Cammarana, secondo la testimonianza di Paternò, che riferisce di una corsa di cavalli berberi; mentre nella attuale festa di Portosalvo a Scoglitti e a Marina di Ragusa, ad esempio, è presente la cosidetta ‘ntinna a mmari, uso relativamente recente, a mio parere, ma chiaramente evoluzione del concetto di “albero della cuccagna”.
NOTE
1] A pag. 205 della sua opera Vittoria dal 1607 al 1890 (1890).
2] Camarina, pag. 77.
3] La data 1865 è incisa all’interno dell’avambraccio destro della statua, come ho potuto constatare di persona.
4] Sulla storia del culto della Madonna di Cammarana, vedi Paolo Monello, La Madonna di Cammarana. Giovanni Barone pubblicò nel 1950 una foto dei resti di un pilastrino di balaustra di fattura settecentesca, segno che la chiesa era stata abbellita e curata nel corso dei secoli.