giovedì, Novembre 21Città di Vittoria
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d) Lo Scaro

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Lo scaro e lo sviluppo economico della zona. La nascita dei primi uffici e servizi (1748-1859).

L’attività della pesca nel villaggio attorno allo scaro è testimoniata dalle carte (1748) riguardanti il monastero di Santa Teresa (costituito nel 1716), le cui monache mangiavano pesce fresco una volta la settimana in tempi normali, tre volte durante la Quaresima: da dove se non da Scoglitti o da Cammarana doveva provenire quel pesce portato a Vittoria dai cavallari? Ma Scoglitti non serviva solo a rifornire di pesce fresco Vittoria: le funzioni dello scaro erano ben diverse: da esso si esportavano vari prodotti agricoli della zona. Ne è una testimonianza uno scritto di Rosario Gregorio[1] che elenca i prodotti esportati dallo scalo di Scoglitti in generale verso Genova (da cui poi venivano inviati altrove) ai primi dell’Ottocento: grani, orzi, fave, ceci, lenticchie, fagiuoli, cenere di soda, e soprattutto vino (Livorno e Genova), come testimonia anche Balsamo per il 1792, quando calcola a 12.000 botti di Palermo (pari a hl. 48.000 circa) l’esportazione vinicola verso Malta. Dallo scaro partivano anche pasta di liquirizia, formaggi e carrube. Gregorio poi precisa che in ogni marina si lavoravano sarde, acciughe e tonnine salate[2], anche se non precisa se tali prodotti, chiamati salumi venivano esportati da Scoglitti. In ogni caso sin dal 1623 a Vittoria vengono vendute nelle botteghe sarde e tonnina salate, probabilmente provenienti dall’area di Noto e Siracusa.  

Che i Ferreri non fossero i feudatari di tutta la costa e che le funzioni di tutela spettassero all’Università poi Consiglio Civico di Vittoria è dimostrato anche da una serie di delibere del Consiglio Civico, che nel 1804 votò alcune spese da farsi contro il pericolo delle incursioni barbaresche, mentre nel 1813 risultano assegnate alli custodi di sanità dello scaro degli Scoglitti…all’anno onze 69; alli custodi di sanità del posto del Ciafaglione…onze 19.6.

Nel 1816 il Consiglio Civico provvide a garantire il servizio di guardiania del litorale ed il mantenimento dei telegrafi[3] nelle spiagge, ma soprattutto a imporre il cosiddetto diritto su colonne nello scaro, probabilmente un diritto da riscuotere dalle barche ormeggiate, abolito successivamente. Risolto il problema Ferreri, lo scalo e la zona circostante poterono finalmente svilupparsi senza vincoli feudali. Un grande impulso alla crescita dello scalo venne sin dagli anni successivi al 1816, quando per intuito del barone Francesco Contarella si imbarcò il vino direttamente a Scoglitti anziché spedirlo a Messina per poi raggiungere Livorno e Genova[4].

Fu allora che si costruì una vera e propria “delegazione” municipale con una serie di servizi. Nel 1822 fu istituito un custode sanitario, con la Gendarmeria, quindi la Dogana (1823) ed infine si occupò dello scaro un Eletto, cioè un assessore comunale (dal 1829). Inoltre il litorale veniva sempre custodito da guardie (per le quali nel 1847 furono costruite delle capanne per ripararsi), sia per impedire il contrabbando (che nonostante tutto fiorì, come dimostrano i provvedimenti assunti dal 1831 in poi, soprattutto contrabbando di caffé e tabacco), ma anche contro la pirateria algerina, che rappresentò un pericolo fino a quando la Francia nel 1830 non occupò l’Algeria. Il ruolo di Scoglitti divenne sempre maggiore, anche a causa delle due grandi epidemie di colera che si verificarono nel 1837 e nel 1854-1855, quando si costituì il cordone sanitario e si dovettero anche costruire delle baracche per ospitare i custodi sanitari[5].

Il commercio del vino attirò anche l’inglese Ingham, che dal 1825 era presente a Vittoria nei pressi della contrada Giardinazzo e che nel 1832, per facilitare la esportazione dei suoi spiriti da Scoglitti, chiese al Decurionato di ammodernare un tratto di strada da Vittoria al Giardinazzo, operazione che in seguito condusse alla realizzazione della nuova strada per Burgaleci e Scoglitti, completata come si è già detto nel 1839. Da quel momento Scoglitti poté crescere, grazie anche all’immigrazione di un forte nucleo di pescatori provenienti da Terranova[6]. Cessato da decenni ormai il presunto monopolio dei Ferreri per la costruzione dei magazzini, nel 1845, il ricco proprietario terriero vittoriese Filippo Pancari chiese al Decurionato l’autorizzazione a costruire un magazzino a Scoglitti, seguito da numerosi altri imprenditori e proprietari terrieri nei decenni seguenti, fra cui don Ferdinando Jacono, che nel 1850 possedeva già due magazzini. Il Decurionato nel frattempo provvide a fare lavori di restauro alla «casina e nello scaro» (1846). Ma la presenza delle paludi impediva che si potesse vivere a Scoglitti: la prima richiesta per il prosciugamento dello Stagno Salito è del 1848 ma ci vollero decenni prima che si realizzasse. Nel frattempo abbiamo traccia dell’esistenza a Scoglitti di un lazzaretto, di una barriera sanitaria, di custodi: insomma a poco a poco si organizzò un approdo, con tutti i problemi sanitari che poteva portare lo sbarco di persone e merci straniere. Ma oltre che porre problemi sanitari, Scoglitti era una fonte di entrate notevolissime per il Comune, che impose una tariffa per ogni carro che varcasse la barriera per Scoglitti per imbarcare il vino. Ma occorreva migliorare l’attracco. Vari furono i tentativi fatti, a cominciare dal 1853 (con l’incarico all’ingegnere Francesco Sortino) per un progetto generale: ma non se ne fece nulla. Allora la parola passò ai privati, che come ci testimonia Orazio Busacca, nel 1859 arrivarono a tassarsi per costruire un nuovo molo rimasto poi incompiuto per le vicende del 1860.

 

 

NOTE

1] Rosario Gregorio, Opere rare edite e inedite riguardanti la Sicilia, Palermo 1873, pag. pagg. 770-771.
2] Sarde e acciughe salate a Scoglitti -verificare
3]Il termine, non esistendo ancora l’alfabeto Morse doveva indicare un sistema di comunicazioni a distanza.
4]«Sin dal 1816, per una circostanza di località, hanno preso il nome di vini Scoglitti, dalla marina di tal nome,…dove accostano i legni, che vengono a caricarsi. All’epoca…, per procurare un più facile smercio ai vini, i proprietari, volendo mantenere la reputazione, ed i prezzi, invitarono i negozianti Genovesi, che pria di quell’epoca mandavano a caricare i nostri vini nel porto di Messina, dove da Scoglitti con piccole barche si spedivano, a mandare a caricarli nella stessa marina di Scoglitti…» (Salvatore Contarella, Il presente e l’avvenire dei vini Scoglitti in “I Quaderni di Nike 2004, pag. 207 e segg..  
5] Cfr documentazione fascicoli 1521 e segg. all’Archivio Storico Comunale.
6] In effetti, il dialetto parlato a Scoglitti non è il vittoriese bensì il gelese.

 

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