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e) Scoperte di Paolo Orsi

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Le scoperte di Paolo Orsi e gli studi di Biagio Pace. L’ipotesi di Sebastiano Tusa.

All’instancabile archeologo roveretano Paolo Orsi (1859-1935) dobbiamo non solo importanti scavi nella Sicilia greca (tra cui a Camarina a cominciare dal 1896), ma anche l’individuazione di una civiltà pregreca che egli chiamò “sicula”, dividendo le epoche in quattro periodi: «il primo dagli albori dell’Eneolitico fino alla metà del II Millennio, il secondo da quest’epoca fino al IX secolo a.C.; il terzo dal IX al VI secolo e il quarto che comprendeva il VI e il V secolo a.C. quando i Siculi si erano ormai fusi con i Greci. Tipiche di questa civiltà erano le tombe a forno chiuse da lastroni o da muretti ove, nel primo periodo, si accatastano da 40 a 50 cadaveri, con coltelli di selce, asce di basalto e qualche pugnale di rame: da 10 a 12 e talora singoli cadaveri nelle tombe più grandi del secondo periodo con materiale più ricco, armi di bronzo e ceramiche perfezionate nelle forme e nelle decorazioni ed infine materiale sempre più di prevalenza greca negli ultimi due periodi». Le successive scoperte hanno notevolmente modificato la visione della civiltà “sicula” così come delineata e datata da Orsi, ma le sue scoperte nel territorio oggetto della nostra analisi sono fondamentali. Nei pressi di Comiso, Orsi scoprì e studiò soprattutto l’importante sito di Monte Tabuto, Monte Racello e Ciavole, rivenendo utensìli vari, fondazioni di capanne ovali e un gran numero di scheletri nelle grotte-sepolcro. Il complesso di Monte Tabuto, Racello e Ciavole, pertanto, si caratterizza per l’attività economica di tipo minerario che vi si esercitava e per le forme di architettura funeraria estremamente tipicizzate nell’ambito della preistoria siciliana. La datazione del complesso è riferibile al XVIII-XV secolo a.C.. Altre scoperte furono fatte da Orsi a Branco Grande e sulla stessa collina di Camarina[1].

Le scoperte di Orsi, continuate da Pace, sono state più recentemente arricchite da altre, aggiungendo più nell’interno i gruppi tombali del territorio di Chiaramonte Gulfi (Paraspola, Aranci, ecc.), di Licodia Eubea, di Giarratana (Donna Scala) e il grande abitato di Monte Casale, fra Giarratana e Buscemi, di cui l’Orsi aveva ritrovato le capanne ovali. Sulla base di queste ulteriori scoperte, l’archeologo Sebastiano Tusa ha elaborato la teoria di una tripartizione funzionale degli insediamenti castellucciani nella alta, media e bassa valle dell’Ippari. Per l’autore infatti, la posizione dei villaggi sarebbe prova della complementarità dei vari insediamenti, in quanto farebbe pensare all’esistenza di centri di produzione specializzata alimentata da artigiani che avrebbero lavorato a tempo pieno, vivendo, dunque, interamente del loro lavoro e non procacciandosi periodicamente i prodotti alimentari per il sostentamento personale. Mentre infatti i villaggi della parte alta e media della valle sarebbero stati specializzati nell’estrazione della selce, quelli della costa potrebbero avere svolto esclusivamente la funzione del sostentamento e dello scambio. Ciò spiegherebbe anche la grande densità demografica desumibile dalle numerose segnalazioni di siti sia nel territorio di Vittoria (Punta Zafaglione, Alcerito, Alcerito Nuovo, Cava Albanello, Berdia), sia nell’area compresa tra la foce del fiume, la costa, l’entroterra di S. Croce Camerina e lo stesso abitato di Santa Croce Camerina. Secondo Tusa, la posizione dei villaggi rispondeva chiaramente a precise condizioni ambientali (dune, paludi, laghetti costieri) che avrebbero favorito l’insediamento su piccole creste rocciose o su alture sabbiose ben drenate.

L’insediamento più importante di questo comprensorio sarebbe stato, senza dubbio, quello di Branco Grande, esteso circa un ettaro, coprendo interamente il pianoro. Ma grande sarebbe stata l’importanza anche dei villaggi della media valle dell’Ippari nei pressi oggi di Vittoria. Lungo la valle dell’Ippari scorreva una via naturale di comunicazione tra l’interno e la costa utilizzata fin dal periodo di Castelluccio (II Millennio a.C.), testimoniata da altri insediamenti posti fra le due zone di concentramento demografico collinare e costiero. Si sarebbe trattato degli insediamenti, da nord a sud, di Passoscarparo e Martorina, nei pressi di Vittoria, noti dalle tombe a forno scavate sui fianchi rocciosi del monte Castellaccio; di Capitina, dove si rinvennero fondi di capanna e una tomba a forno, di Nipitella (a questi insediamenti riferiti da Tusa dovrebbero essere aggiunti quelli ipotizzati da Zarino). Tali necropoli ci porterebbero a ritenere che la zona tra la Martorina e Grotte Alte sarebbe stata occupata da un insediamento castellucciano, che avrebbe controllato la valle sottostante, forse già coltivata, e la via che anche allora da Monte Tabuto scendeva verso il mare, utilizzando le pareti rocciose a strapiombo sulla valle per scavarvi numerose sepolture[2]. Solo ipotesi? Forse, ma è un fatto che le pareti rocciose dalla contrada Celle alla Villa Comunale erano anticamente piene di tombe a forno…

 

 

 

NOTE

[1] Giovanni Di Stefano, Piccola guida delle stazioni preistoriche degli Iblei, Distretto Scolastico 52 di Ragusa (s.d.).
[2] Sebastiano Tusa, La Sicilia nella preistoria, Sellerio 1992.

 

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