mercoledì, Ottobre 30Città di Vittoria
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l) Altre Infrastrutture

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L’area dell’ex Campo di Concentramento, l’Emaia e l’antica fiera di San Martino; altre infrastrutture ed il Cimitero di contrada Cappellares.

L’ex Campo di Concentramento in contrada Mendolilli è oggi un grande polmone economico per la città, esteso poco più di 21 ettari. L’area all’inizio della prima guerra mondiale fu scelta per la realizzazione di un grande campo di concentramento per prigionieri di guerra. In essa, in soli sei mesi (settembre 1916-marzo 1917) furono costruiti dall’amministrazione militare ben 37 capannoni (di cui solo alcuni ancora sono in piedi). Alle vicende della struttura ha dedicato una bella monografia il prof. Vincenzo La Ferla, cui rinvio1.

Nell’area, oggi ceduta dal Demanio Militare al Comune, insistono:

  1. Il Liceo Scientifico con annessa sezione Classica “Rosario Cancellieri-Stanislao Cannizzaro”, un edificio realizzato dalla Provincia Regionale di Ragusa nel corso degli anni ’90, su un’area di 11.000 mq circa. Il Liceo Scientifico a Vittoria nacque nell’a.s. 1939-1940 nei locali Gucciardello (insieme con il Magistrale). Ottenuta la statalizzazione nel 1960, l’istituto peregrinò parecchio dai locali Gucciardello ai locali Ricca (a Piazza Vescovo Ricca), poi Comisi e infine nella sede moderna attuale2;
  2. L’Emaia e le fiere. Oggi l’ex Campo di Concentramento è noto come Emaia tout court, perché dagli inizi degli anni ’80 vi è stata trasferita la fiera. Nata nel 1966 per iniziativa di alcuni artigiani ed imprenditori vittoriesi, l’Esposizione delle Macchine Industriali ed Agricole, fu dapprima ospitata nella Villa Comunale. Con il passare degli anni però, la formula espositiva, abbinata alle tradizionali fiere di San Martino (9-11 novembre) e di San Giovanni (primi giorni di luglio) ebbero via via sempre maggior fortuna, per cui fu necessario prevedere spazi più ampi. La scelta cadde sulla grande area dell’ex Campo di Concentramento, dal dopoguerra utilizzata come deposito di munizioni ma via via sempre meno utile allo Stato, che la concesse in uso al Comune. Per ospitare l’Emaia vi furono realizzate numerose strutture precarie metalliche, poi trasformate in capannoni e gallerie3. Ma parlare dell’Emaia significa parlare soprattutto delle fiere e della fiera di San Martino in particolare. Per quanto riguarda le fiere antiche, si è già detto che abbiamo traccia di fiere franche4 della durata di otto giorni a cominciare dal 1640 per la festa di San Giovanni (23-30 giugno), cui seguì la concessione di una fiera alla Grazia (1641), da svolgersi in occasione della festa della Madonna che si celebrava la terza domenica d’agosto ed infine una terza fiera in onore della Madonna di Loreto (1681), che si svolgeva davanti alla chiesa di San Biagio, al cui interno era l’altare di Loreto.
    Di queste tre fiere, nel corso del Settecento c’è traccia solo di quella legata a San Giovanni. Nel 1796, tale fiera fu nuovamente autorizzata e ad essa si aggiunse una nuova fiera, detta della Madonna di Loreto, il cui culto si era nel frattempo affermato dal 1740 all’interno della chiesa dei Cappuccini. Su loro richiesta, l’8 giugno1796, i frati ottennero di potersi finanziare con i proventi di una fiera di panni ed altri utensili domestici, da far svolgere in apposite logge di legno costruite davanti alla chiesa ed al convento. Tale nuova fiera si aggiungeva a quella del bestiame, celebrata nei giorni a cavallo di San Martino. Il grande successo economico della fiera si scontrò negli anni seguenti con la nascita dei Comuni sancita dalla Costituzione del 1812, cui furono assegnati alcuni introiti, con l’eliminazione di tutto ciò che derivava da concessioni feudali.
    La questione della fiera contrappose per decenni i Cappuccini al Comune
    5 e fu risolta con un faticoso compromesso nel 1826. In seguito il governo borbonico nel 1846 abolì tutte le fiere. Si salvò solo quella di San Giovanni (almeno fino al 1850). Pur non avendone notizie, l’unica fiera che dovette mantenersi per tutto l’Ottocento fu quella del bestiame il 10 e 11 novembre, per imprescindibili necessità delle campagne. Nella nuova Italia e nella Vittoria della grande produzione vinicola della seconda metà dell’Ottocento, la tradizione fieristica rinacque dopo il 1890 (in La China non c’è traccia della fiera di San Martino), con il superamento della crisi causata dalla fillossera, sotto il nome non più di Loreto, ma di San Martino, per essersi prima aggrappata e poi ampliata attorno all’antica fiera degli animali che tradizionalmente si svolgeva nel piano dei Cappuccini.
    Nel corso del Novecento, per capriccio dei tempi o decisione delle varie amministrazioni, le fiere di San Giovanni e di San Martino “vagabondarono” da una via all’altra della città. Dopo qualche decennio in cui le fiere furono fissate in via Rosario Cancellieri, Piazza Indipendenza, via Goito, dei Mille, finalmente dagli anni ’90 esse furono concentrate nello spazio concesso all’Emaia. come si è già detto. Oggi l’Amministrazione Comunale realizza una sola edizione dell’Emaia (rispetto alle 4 di prima) e cioè la Campionaria, giunta alla sua 56.ma edizione dal 5 al 12 novembre, con la tradizionale fiera di San Martino e del bestiame), cui dal 22 al 24 novembre si aggiungerà la New Green Expo, eventi fieristico della Serricoltura e dell’Agro-Alimentare nell’area Euro-Mediterranea.
    In uno dei capannoni sono anche custoditi alcuni esemplari di carretti siciliani, della collezione di Giovanni Virgadaula.
    All’interno dell’area insistono anche:
  3. Il Museo Italo-Ungherese, realizzato su progetto dell’ing. Alberto Avarino ed inaugurato nel 1995. Nato a seguito di intensi rapporti, culminati con un gemellaggio, con la città ungherese di Mateszalka, il Museo simbolizza il legame tra la città di Vittoria e l’Ungheria, legame nato per la presenza della tomba ai soldati ungheresi morti nel Campo di Concentramento durante la prima guerra mondiale, realizzata al cimitero nel 1927 (vedi oltre). Il Museo ospita documenti, immagini e mostre aventi come oggetto la storia della nazione ungherese, dalla resistenza contro i conquistatori turchi fino ad oggi6. Il 12 ottobre ultimo scorso, nei pressi, è stata piantata una “Croce nera” su richeista della Schwarze Kreuz austriaca, per onorare i resti dei soldati austriaci, polacchi, serbo-bosniaci e di altre nazionalità dell’Impero Austro-Ungarico deceduti nel Campo ma non considerati nel 1927.
  4. La Sede della Protezione Civile, lungo lo stradale per Santa Croce Camerina. Subito dopo si aprono le cave dette di Capitina dal nome di un antico proprietario. Nella zona, secondo Zarino sarebbe stata trovata ceramica risalente all’età di Thapsos (II Millennio a.C.).
  5. Il Cimitero di contrada Cappellares. La parte sud dell’abitato, lungo la strada per Santa Croce Camerina, è completata dal Cimitero, sorto in contrada Cappellares7 nei primi anni ’90 dell’Ottocento ed in funzione dal novembre 1895, dopo lunghe e forti polemiche sulla sua lontananza dal centro abitato. Esso sostituiva il vecchio cimitero, sorto nel 1840 nell’area dell’attuale campo sportivo. Fino a quella data le sepolture venivano effettuate all’interno delle chiese, in fosse e cripte sotterranee e anche in piccoli cimiteri esterni, in caso di scomunica o di mancato rispetto dei precetti.  Il progetto generale fu realizzato nel 1891 dall’ing. Gaetano Angelotti Dolce, di Siracusa (dopo i vani tentativi dei tecnici comunali ing. Gaetano Carrubba8 e Mauro). I primi lotti per la costruzione di tombe gentilizie furono assegnati nel 1895 alla famiglia Jacono e alla S.O.M.S. oggi “Ferdinando Jacono”, poi dal 1896 alle famiglie Traina, Mazzone, Di Blasi, Rizza Jacono, alla S.O.M.S. “Rosario Cancellieri” (1898), al Circolo “Umberto I” (1899) etc. Notevole è il portico in stile neoclassico che orna la parte destra del viale centrale, opera dell’ing. Emanuele Amarù, progettata negli anni ’30 del Novecento. Presente lo stile Liberty, con la tomba neogotica dei Lucchesi e con la tomba della “Pro Patria”: entrambe opera di Salvatore Battaglia, ma non mancano altri notevoli esempi di bella architettura, tra cui le cappelle della famiglia Jacono-Rizza e la capricciosa tomba a forma di piramide di Filippo Neri Jacono Roccadario9 la quale, nonostante non ci siano più eredi, non merita di essere venduta per demolirsi. Notevole anche il monumento funerario in pietra di Comiso disegnato da Emanuele Ingrao per la figlia Elidia, nel viale a sinistra, dopo l’ingresso, insieme con quella di Ferdinando detto Nannino Terranova Giudice (1881-1918) e dell’on. Filippo Traina (opera dello scultore Giovanni Conservo). Altre cappelle in stile Liberty sono quelle Molé e Mangione (Campo). Il Cimitero ospita anche una cappella dedicata ai soldati ungheresi morti a Vittoria in prigionia durante la prima guerra mondiale, realizzata nel 1927 (inaugurata il 28 maggio). Il monumento, costruito a spese dell’Ungheria dopo la cessione del suolo ad opera del Comune il 5 giugno 1926 al console d’Ungheria a Palermo Desiderio Kirner, fu disegnato dall’ing. Arpad Kirner (suo figlio). Lo realizzarono i costruttori vittoriesi Raffaele Bucchieri e Salvatore Battaglia. Vi lavorarono i fabbri artistici Romano e Lo Detta. Il rilievo in marmo raffigurante l’Ungheria fu scolpito dal professor Cosimo Giorgi di Palermo, mentre «il pittore su vetro di corte reale a Budapest Roth Miksa» realizzò le immagini dei re d’Ungheria Santo Stefano e San Ladislao10. Numerose sono poi le sculture in pietra ancora esistenti, su tumuli invece rinnovati, che meriterebbero di essere censiti e salvaguardati.

 

 

NOTE

1] Vincenzo La Ferla, Il Campo di Concentramento, Città di Vittoria Edizioni del Quarto Centenario
2] Liceo Scientifico “S. Cannizzaro” XXX anni. 1960-1990, Vittoria 1993.
3] Alcuni capannoni furono utilizzati come sede dell’Amiu (con uffici, rimesse ed officine), per una caserma dei Vigili del Fuoco (poi trasformata in plesso scolastico), oggi sede dell’AVIS.
4] Cioè esenti da imposizioni fiscali.
5] Sulla questione vedi il mio La chiesa ed il convento dei Cappuccini a Vittoria
6] Sul materiale esposto nel Museo, cfr. Francione Giancarlo e Juhász Dezsö, La Cappella Ungherese, Edizioni del Comune di Vittoria 2004, pagg. 89-90.

7]Il nome deriva da un grosso affittuario di Chiaramonte, don Paolo Cappellares, presente a Vittoria sin dal 1633, grosso gabelloto al quale per debiti con la Contea nel 1649 furono tolte le terre avute in concessione, ma che diedero il nome all’area.
8]In servizio dal 1885, riconfermato nel 1888 per altri 3 anni; nel 1894 fu nominato l’ing. Giovanni Puglia, che si dimise e fece causa al Comune; al suo posto fu designato per 5 anni Francesco Puglia fu Gaetano, confermato nel 1900 e nel 1906.
9] Fratello minore di Giuseppe Jacono Roccadario, il famoso autore del libello anti-cancellieriano “Ciccu Cola e don Fracassa”, costruttore dell’attuale Villa Davide a Boscopiano. La tomba -ornata di chiari simboli massonici- trae spunto da una simile di un certo Schirlizi, esistente nel cimitero di Napoli (Palmeri).
10] Sulla tomba degli Ungheresi vedi documentazione De Lauro e in ultimo Francione-Deszö.

 

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