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2006 – Gaetano Savatteri

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Gaetano Savatteri – Giornalista.  E’ nato a Milano nel 1964, da genitori di Racalmuto. A dodici anni è tornato, con la famiglia, in Sicilia, proprio a Racalmuto, il paese di Leonardo Sciascia. E qui, assieme ad altri giovani, nel 1980 ha fondato il periodico Malgrado tutto, piccola testata giornalistica che nel primo numero presentava un articolo di Sciascia. L’autore de Il giorno della civetta restò sempre affezionato a quel foglio locale, e spesso su quelle pagine si sono ritrovati altri interventi dello scrittore di Racalmuto. In pochi anni, attorno alla testata, si sono raccolte molte altre firme come quelle di Gesualdo Bufalino e Vincenzo Consolo. Ancora oggi il giornale continua ad essere il luogo nel quale si ritrovano giornalisti e scrittori legati alla figura di Sciascia: Andrea Camilleri, Giuseppe Bonaviri, Matteo Collura.
Nel 1984 Savatteri comincia a lavorare come cronista nella redazione di Palermo del Giornale di Sicilia. In seguito si trasferisce a Roma, prima come inviato dell’Indipendente, poi come collaboratore del Tg3. Dal 1997 è giornalista al Tg5. Gaetano Savatteri si è affacciato sul panorama della narrativa isolana con La congiura dei loquaci (Sellerio, 2000), dopo libri d’inchiesta come L’attentatuni (scritto a quattro mani con Giovanni Bianconi e diventato poi un film per la televisione). La congiura dei loquaci è un romanzo ispirato ad un fatto realmente accaduto, ossia l’uccisione del sindaco di Racalmuto Baldassare Tinebra, fatto fuori con un colpo di pistola il 6 novembre 1944.
Savatteri ricostruisce l’inchiesta condotta dai carabinieri del paese con numerosi testimoni, i “loquaci” del titolo, che cercano di inchiodare “Centodieci”, lo zolfataro inchiodato dalle deposizioni. Nel romanzo, si avverte il magistero sciasciano che anima l’intera vicenda, fino quasi ad incarnarsi nella figura di un giovane intellettuale, che parla e pensa come il grande scrittore di Racalmuto.
Il ritmo narrativo essenziale e serrato si snoda attraverso la mediazione dello sguardo del tenente Adano, con a fianco sempre il fedele Semino, personaggio che parla un siciliano contaminato con lo swing americano e la presenza di questo piano linguistico aggiunge smalto alla pagina, che già risente dell’eco sintattica della parlata isolana.
Con La ferita di Vishinskij, sempre per la casa editrice Sellerio, Savatteri ha scritto il romanzo della nemesi, di quell’ipotetica giustizia che, attraverso determinati eventi, colpisce nei figli i soprusi perpetrati dai padri.
Va subito detto che definire La ferita di Vishinskij un giallo sarebbe troppo riduttivo, in quanto si tratta di un libro la cui struttura è il risultato di una felice ibridazione di generi: dal poliziesco al romanzo-inchiesta, dal feuilleton al romanzo storico.
Al centro della storia narrata troviamo Leonardo Lo Nardo, il quale è spesso immerso dentro “fantasticherie retroattive”, avendo avuto inoculato dal giudice Rosario Fanara il tarlo del dubbio sulla morte di Maddalena Pancamo. Così Leonardo apre, quindici anni dopo, una sua personalissima indagine sul caso insoluto, favorito dalle pagine del diario del magistrato e dal suo dossier privato. Ma si sa che, non appena si dischiude il vaso di Pandora dei misteri e degli arcani, isolani e non, si scatena subito una vera baraonda. Lo Nardo, infatti, sulle tracce di Maddalena e del suo ipotetico assassino, è costretto ad addentrarsi nei meandri della storia siciliana, e nella fattispecie in quel fitto reticolo di rapporti e soprattutto di vendette trasversali che da secoli ha visto l’una contro l’altra armate le due famiglie Pancamo e Pintacorona. E si sa che i misteri, nell’isola, spuntano come funghi: dalla morte oscura di Maddalena si risale alla congiura delle Palme, e al fantomatico incontro a Palermo, nel 1943, tra il procuratore di Stalin, Vishinskij e un esponente comunista siciliano. A intrecciare questi e altri accadimenti, la leggenda del rapporto tra le due potenti famiglie, due casate economicamente rilevanti e politicamente contrapposte di un paese piccolo, Giallonardo; un rapporto continuamente sostanziato dall’odio e dall’intrigo. A venire fuori dal romanzo, in una sapientissima orchestrazione di piani temporali, è un amaro apologo sulla storia dell’isola, su quella scritta e quella che rimane sommersa, e soprattutto sul destino dei siciliani. E proprio a loro è dedicato I siciliani (Laterza, 2005), un racconto che allinea una galleria di personaggi reali della Sicilia.

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